Quelli del “niente” sono poverissimi contadini senza terra dell’aretino, che sopravvivono raccattando ogni giorno qualcosa da mettere sotto i denti: una famiglia composta dal padre e dai piccoli, rimasti orfani perché la mamma è morta subito, prima ancora di diventare una vera madre di famiglia. Vivono, dice Giuseppe, “tra la povertà e la miseria”, arrangiandosi per avere un tetto e qualcosa da masticare la sera. Il racconto di queste vicende aspre affiora, a volte drammatico a volte divertente, da una memoria scritta recentemente: Ferri è stato per un certo periodo a Roma, come domestico in una casa agiata e fredda, un po’ crudele, dalla quale poi è fuggito mentre le truppe alleate arrivavano a liberare la capitale. A piedi e con mezzi di fortuna, Giuseppe riuscirà in tre giorni a tornare a Subbiano e a partecipare avventurosamente alla sua liberazione dai tedeschi. “Ogni tanto evado dal mio racconto personale” dice l’autore “ma questa storia è degli Italiani, perciò è anche storia mia”.
MOTIVAZIONE DELLA GIURIA NAZIONALE:
La giuria del Premio Pieve – Banca Toscana si è riunita a Pieve Santo Stefano il 4 settembre 1992 e ha deciso di attribuire anche quest’anno, come nell’edizione del 1990, due primi premi invece di uno. Il premio in denaro sarà dunque diviso in due parti. E saranno pubblicati entro la prossima primavera, dall’editore Giunti, nella collana “Diario Italiano”, due memorie di vita: “Quelli del niente” di Giuseppe Ferri” e “Cosa trovo fuori” di Claudio Foschini: due testi che hanno in comune una singolare ricchezza narrativa e l’appartenenza al mondo dell’emarginazione, in modi e momenti diversi della nostra storia.
Il Ferri racconta con toni picareschi la memoria di cose scomparse, ai margini della società contadina dell’aretino negli anni Quaranta. Foschini affonda lo sguardo nei suburbi della capitale, per narrare la propria esistenza di pregiudicato sullo sfondo della società macerata e rabbiosa in cui stiamo vivendo. Il primo ha impressionato la giuria per la grande semplicità e spontaneità di rievocazione, rispetto a una vicenda che lo vede affamato e in pericolo di vita, ma sempre pronto a salvarsi, come Pinocchio. Del secondo ha colpito invece la forza di una narrazione spesso sgradevole, che talvolta mette a disagio, ma che pure è valida per il peso che sa distribuire, lungo una sventurata esistenza tra le cose di famiglia e le ruberie, con una notevole capacità di entrare nei particolari.