Un racconto personale, come quelli che capitano in treno, in fila alle poste, in una sala d’attesa… ogni volta che qualcuno ha voglia di ascoltare e si trova a scoprire quanto è diversa dalla nostra la vita degli altri, e quanto simili alle nostre sono le emozioni, i bisogni e l’istinto che la guidano. Abbiamo immaginato un evento simbolico, anche per pochi spettatori alla volta, volendo, perché per raccontare la propria vita c’è bisogno dell’intimità che annulla le distanze. Mamadou è un giovane cittadino della Costa d’Avorio che si è messo in viaggio “senza valido motivo”: non c’era una guerra nel suo Paese, non era perseguitato, aveva addirittura da mangiare tutti i giorni, tre volte al giorno. Quella di Mamadou è una storia sfrontata e arrogante, che ci racconta di un ragazzo che ha semplicemente pensato di avere diritto a un’occasione nella vita per inseguire un sogno. Una storia lunga, che attraversa il deserto e che comincia con l’incontro con il trafficante più in gamba di tutta l’Africa: Sita la venditrice. Il progetto s’ispira a quello della Human Library nata in Danimarca, nella ferma convinzione che raccontarsi sia il modo migliore per avvicinarsi, e che ogni storia di coraggio ha diritto di essere raccontata e diventare parte della memoria collettiva.
Lo spettacolo è tratto dalla testimonianza di Mamadou Diakité che ha partecipato al concorso DiMMi nel 2019, pubblicata nell’antologia “Il confine tra noi. Storie migranti”, Terre di mezzo Editore, 2020.