Francesco Coltelli è autore di una testimonianza ibrida, che mescola i generi della scrittura autobiografica fino a comporre un’autobiografia vera e propria: la testimonianza giunta in Archivio si articola infatti in una parte diaristica e in una memorialistica, assemblate da Coltelli in uno dei molti momenti difficili della sua vita, nel 1953, quando si trova ricoverato in ospedale a seguito di un incidente di lavoro. Approfittando di questa vita inoperosa e tanto tediosa e malinconica ho voluto riordinare o meglio ricompendiare più ordinatamente il diario che feci durante il mio servizio di richiamo, cioè durante la seconda guerra mondiale, nella Jugoslavia. In realtà Francesco integra il diario con i ricordi di tutta la vita. Ragazzino, trascorre alcuni anni in un convento francescano ma lo lascia perché non sente la vocazione religiosa. Arruolatosi nell’esercito dopo aver svolto vari lavori, trascorre alcuni anni sotto le armi, non privi di qualche complicazione. Tornato alla vita civile, viene richiamato poco dopo l’entrata in guerra dell’Italia nel 1940 e destinato in Jugoslavia, dove affronta i partigiani slavi. Rientrato in Italia, tra vicissitudini varie prosegue la sua vita militare anche dopo l’armistizio. Al termine del conflitto – già sposo e genitore – emigra per un periodo in Belgio, dove lavora come minatore e si riunisce al padre, che si era separato dalla madre un anno dopo il matrimonio. Dichiarato inabile al lavoro in miniera, torna a casa nel 1947. Il suo racconto, espresso in un italiano ricco di vocaboli desueti e affascinanti, si sviluppa all’interno di piccoli quaderni dalla copertina nera o illustrata, attraverso una grafia minuta e ordinata sulla quale spiccano, per la cura con cui sono evidenziati, i titoli che scandiscono l’incedere della scrittura.