Lughi li 19-12-40-XVIII. Cara lontana mia molie. Ti rispondo alla tua cara lettera che ai schritto il giorno 6 dicembre. Ora inteso tutto quello che miai detto prima di tutto che titrovi in ottima salute te e Nino salvo dei tuoi disturbi di mal di stomaco trovandoti in cinta, ora per questo timando imiei più sinceri e desiderati auguri, che nel sentire questo date questo tuo anuncio mi sono cosi arallegrato e trancuillisato che mie passata tutta la paura delle bombe e delle granate del canone tutto mie passato solo per sentire mia molie che sitrova in cinta con un bambino in avenire. Molie mia, solo questo mi voleva in questo momento perche tutto pasase e per essere felice anche in guera solo lanuncio di mia molie che tanto abramavo da parecchio tempo, ma finalmente Iddio meloa mandato questo tempo della mia felicita desiderata ora speriamo che il buon Idio me lolasia per avere la nostra felicita paterna. Quasi trecento lettere scambiate soprattutto nel corso della Seconda guerra mondiale raccontano l’impatto devastante avuto dal conflitto nelle vite di due giovani italiani, due ragazzi esemplari di un’intera generazione: Vittorio e Bernardina nascono nello stesso paese in provincia di Padova, si sposano giovanissimi, hanno un figlio di nome Natalino e vorrebbero allargare la famiglia ma il richiamo delle armi li dividerà per sempre. Vittorio è arruolato nella Divisione Julia che dal 1940 al 1943 è destinata a combattere sui fronti più sanguinosi della guerra voluta da Mussolini: Albania, Grecia e Russia, dove è protagonista della tragica ritirata. Per mesi Vittorio e Bernardina sono costretti a restare lontani, con l’eccezione di qualche rara licenza che porta sempre a una nuova gravidanza, alla gioia della nascita o al dolore della morte prematura di altri figli. Nelle lettere che si scrivono puntualmente mentre Vittorio si sposta tra i campi di battaglia, non si percepisce mai un’eco neppure lontana dell’adesione o dell’avversione al conflitto, del fascismo o dell’antifascismo: si parla della misera vita quotidiana, dell’amore per i figli, di un progetto di vita andato in frantumi a causa di forze che sembrano incomprensibili e incontrovertibili. Fino all’epilogo consumato nelle steppe russe: il 6 gennaio 1943 Vittorio spedisce un’ultima lettera alla moglie, di nuovo incinta, mentre intorno a lui si consuma la tragica ritirata del Don. Mora mia, intesi bene di quello che mi ai detto sulla lettera del 21, prima di tutto che per quando nase il nostro caro figlio debbo farti un regalo di un paio di scarpe per Pasqua, pero di questo mi chiedi perdono se mi ai chiesto le scarpe, no mora non devi chiedermi perdono per questo perche sai anche tu che io sono sempre contento che quando tio accontentato tu io o accontentati tutti. Poi scompare. Sono strazianti le lettere che Bernardina scrive nelle settimane successive sperando di spezzare il silenzio del marito. Castelfranco 26-2-43 mio caro tesoro dopo lungo tempo che non ricevo le tue notisie che e dal 7 genaio che tu non mi scrivi ora solo tidico che mi trovo molto apasionata che mi sembra di deventare mata che senon divento paza io non diventa pazi nesuno che piango giorno e note che tanto mi tratengo perche o paura che mi vada via ilate pensa tu e non o ragione? Ma le sue grida rimangono inascoltate. Una fredda circolare del ministero della Guerra comunicherà più di un anno dopo che Vittorio risulta disperso dal 23 gennaio 1943, senza precisare se sia deceduto o finito prigioniero dei russi. Bisognerà attendere il 1995, la disgregazione dell’URSS e l’apertura degli archivi sovietici per sapere che la sua vita si è spenta in un campo di prigionia l’11 febbraio 1943.