Messo ormai il nostro prestigio di sotto la suola delle scarpe, non è più scandaloso nemmeno che gli stessi signori ufficiali, per evitare una faticosa marcia, si accovaccino alla meglio, in mezzo, sopra, e magari sotto le valigie e le cassette, che già formano piramide sull’autocarro. Tale è stato dunque il nostro ingresso a Rodi, sotto gli occhi della popolazione e dei tedeschi che ammiccavano con aria di commiserazione. 2 agosto 1943: è questa la poco onorevole descrizione che il Tenente del Genio Arnaldo Manni fa nel giorno del suo arrivo a Rodi, isola del Dodecaneso per lungo tempo colonia italiana e luogo di importanza strategica nel corso della Seconda guerra mondiale. Giunto a destinazione dopo un interminabile viaggio iniziato da Bologna un mese prima Stavolta non c’è niente da fare: bisogna andare a Rodi! Manni racconta sul suo diario in parallelo il crollo dell’Italia fascista e il dramma delle truppe abbandonate al loro destino sui fronti di guerra più sperduti, come quello del Mar Egeo. L’8 settembre 1943 è la data spartiacque: Fin dal primo pomeriggio circolano voci preannuncianti l’armistizio italo-inglese. Purtroppo le previsioni coincidono con la realtà. Alle 20 la voce stessa del Maresciallo Badoglio, un po’ velata di commozione, annuncia che la resa da lui chiesta è stata accettata dal nemico, e che perciò sono sospese totalmente le ostilità contro di esso. Le armi saranno invece usate contro chi tenterà, in conseguenza dell’armistizio, commettere violenze su cose o persone italiane. È chiaro qui l’accenno ai tedeschi. Non ho il coraggio di condividere la gioia di molti. Per me è fuor di dubbio che sia oggi arrivata all’epilogo la più grande tragedia della storia italiana ed è altrettanto indubbio che il nostro stesso antico onore è compromesso irreparabilmente con un voltafaccia che solo la storia di domani potrà forse giustificare. Non sarà finita la guerra, no! I tedeschi vedevano certo lontano quando predissero rovina e sterminio per i traditori; certo, almeno in questo, sono capacissimi di mantenere la parola. Una previsione che non tarda a inverarsi: 10 settembre Ore 7. Il fragore della battaglia accompagna come lugubre sinfonia il Sacro rito della Messa nella chiesa semideserta. Il Signore ci assista! La burrasca non è stata evitata e da ieri pomeriggio la guerra ci ha colti di sorpresa ed imperversa furibonda da un capo all’altro dell’isola. La battaglia dura poco e gli italiani hanno la peggio. 12 settembre Eccoli qua questi tedeschi! Usciti dalla finestra e rientrati dalla porta! Da oggi sono padroni dell’isola. Come testimoniano gli appunti di un dettagliato piano di insurrezione allegato al diario, Manni e i suoi commilitoni non rinunciano all’idea di ribellarsi con quanto entusiasmo ci mettiamo all’opera, quattro cuori infervorati, una volontà sola, per produrre ciò che sembra pazzia: la rivolta armata! ma la superiorità militare tedesca è schiacciante e una scelta si impone: con la Germania o con l’Italia di Badoglio? La deportazione o la Repubblica sociale? Dal febbraio del 1944 Arnaldo viene rinchiuso in campo di concentramento sull’isola per il rifiuto di collaborare con i nazisti e di aderire a Salò, ma la sua resistenza si spezza a marzo quando all’estremo minuto è stato necessario decidere: ci siamo guardati negli occhi ancora esprimenti la più viva repulsione al ricatto, ed abbiamo firmato… L’adesione alla RSI gli provoca tormenti interiori, mentre la fame e i soprusi tedeschi lo accompagnano fino al maggio del 1945 quando, dopo il suicidio di Hitler e la caduta del Terzo Reich, anche nella sperduta isola di Rodi torna a soffiare il vento della libertà.