PREMIATI

Premio Speciale 'Giuseppe Bartolomei'
attribuito dalla Commissione di lettura

2025
Sante Mucchietto

La storia dei miei cinque anni di guerra

A differenza dei giorni opachi di marzo, quelli di aprile furono e passarono veloci ricchi di avvenimenti: i tedeschi i cosiddetti signori della guerra in quei giorni convulsi erano ad iniziare la loro Capporetto, travolti, inseguiti dalle truppe anglo americane venivano cacciati oltre confine, e fu allora che l’Italia con il 25 aprile poté festeggiare la sua liberazione ed io chiudere la storia dei miei cinque anni di guerra. Si conclude così la memoria fluviale di Sante Mucchietto: quasi 250 pagine scritte a mano in cui l’autore ripercorre l’infinita catena di avvenimenti che hanno segnato gli anni cruciali della sua vita. Dopo una breve premessa sulle sue origini, Sante si focalizza sul quinquennio che va dal 1940 al 1945: l’arruolamento nel Regio esercito come volontario, la partecipazione alla guerra, l’invio in Russia, il coinvolgimento nella drammatica ritirata del Don, il rientro in Italia. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, viene catturato dai tedeschi a Bolzano ma la prigionia è breve: Sante riesce a scappare e la sua storia cambia radicalmente. Tornato nelle sue terre di origine, pur circondato da parenti e amici filofascisti, inizia a collaborare con le forze della resistenza attive nella provincia di Vicenza e di Padova fino alla Liberazione. Nessun ricordo di quei giorni memorabili è andato perduto, come testimonia il racconto travolgente che ha scritto tra il 1985 e il 1990.

2024
Maria Camerini Scola

Alma sei ricca in amor

Diari e memorie compongono un’opera monumentale, che copre quasi cinquant’anni di vita dell’autrice tra il 1876 e il 1924. A comporli è una nobildonna di origini venete, Maria Camerini Scola, primogenita del conte Giovanni e della contessa Luisa Raimondi di Podio. Sin dall’età di 12 anni, Maria avvia una cronaca fittissima della sua quotidianità, trascorsa per lo più tra le mura domestiche e nell’alveo della famiglia che costruisce insieme al barone Bartolomeo Scola di Creazzo, da cui avrà quattro figli: Carola, Giovanni, Luisa e Giuseppe. La salute dei propri cari e il tentativo di preservarli dalle malattie sono alcuni dei temi che ricorrono con maggiore frequenza nella testimonianza: tra le prove più difficili, la battaglia contro l’asma che vedrà soccombere il marito nel 1924, a soli sessant’anni, dopo un lungo periodo di sofferenze. Ma non è l’unica: i quaderni di Maria sono disseminati di pagine dolorose nelle quali annuncia la perdita di carissimi amici, dei genitori, della giovane sorella Berta a soli venticinque anni, del fratello Francesco poco più che trentenne, mentre la sorella Isabella lotterà per tutta la vita contro la tisi. A bilanciare le difficoltà e a riempire di significati l’esistenza di questa donna colta e ben istruita, che parla fluentemente diverse lingue, arriva soprattutto la curiosità intellettuale. La passione per la lettura, che coltiva assiduamente, ma soprattutto una naturale inclinazione per ogni forma d’arte che ammira e pratica. Maria è infatti un’abile scultrice e pittrice, come testimoniano ancora oggi le opere che ha lasciato e che sono conservate in gran parte a Villa Scola Camerini in provincia di Vicenza.

2023
Piero Modigliani

“Papà, la bandiera!”

La memoria di Piero Modigliani è un libro aperto su un mondo che non esiste più, un’epoca nemmeno troppo lontana fatta di oggetti, luoghi e abitudini che ci appartengono, ma sono sparite. Sparite come la Roma in cui è nato e cresciuto, all’inizio del ‘900: di origini ebraiche, Modigliani racconta la vita nei quartieri del centro storico prima della rivoluzione urbanistica voluta dal fascismo, con uno sguardo particolare sulla realtà del ghetto romano di inizio secolo. Nei suoi ricordi, trovano spazio pagine di storia memorabili come quella sul giorno dell’armistizio della Prima guerra mondiale: Per la strada udii, provenienti da via Nazionale, degli strilloni che urlavano a squarciagola una notizia di cui non capii il senso, se non avvicinandomi da via Genova e afferrai le parole, nel trambusto e nel movimento della gente che sembrava impazzita: “È finita la guerra! È stato firmato l’armistizio con l’Austria!” Fui talmente elettrizzato che non sentii più nessuna debolezza alle gambe, corsi a casa salendo rapidamente le scale (fortunatamente abitavamo al primo piano) ed entrai a casa urlando: “Papà, la bandiera!”. Questa bandiera era stata preparata da anni; ma mio padre aveva dichiarato che sarebbe stata esposta solo il giorno in cui la guerra sarebbe stata finita vittoriosamente. Finalmente quel giorno era arrivato e potei vederla sventolare all’ultima luce del pomeriggio. E poi c’è il Tevere, il fiume che attraversa la capitale nel quale Piero, da ragazzo, nuota spensieratamente. Le lunghe giornate passate in canoa a risalire e ridiscendere la corrente, tra Ponte Milvio e l’Acqua Acetosa, cesseranno solo dopo un drammatico incidente, quando il suo più caro amico, Sergio, perderà la vita per un contagio da leptospirosi contratto proprio nelle acque del fiume.

2022
Ottorino Orlandini

Le emozioni di una vita

Ottorino Orlandini non è un “italiano qualunque”, uno di quegli autori di diari o di memorie che attraverso l’Archivio di Pieve Santo Stefano riescono a sprigionare una voce altrimenti destinata a rimanere nell’oblio della storia. Già combattente nella Prima guerra mondiale, sindacalista a capo delle Leghe Bianche nel Mugello a partire dal 1919, poi volontario nella guerra di Spagna sotto la bandiera di Giustizia e Libertà con Carlo Rosselli, e ancora antifascista, confinato in Francia e partigiano alla guida delle formazioni del Partito d’Azione in Toscana: Orlandini è stato un grande protagonista della storia italiana del ‘900. La sua biografia è oggetto di studio e in gran parte nota, ma tra gli anni Cinquanta e Sessanta è lo stesso Ottorino ad avvertire il bisogno di scrivere un memoriale, da lasciare in eredità ai familiari e non solo, per rendere eterno il racconto dei fatti salienti della sua vita, ma soprattutto l’intensità e l’importanza delle emozioni provate. Seguendo questo affascinante criterio, e dopo diverse stesure, nascono i 32 capitoli della sua memoria, sganciati da un rigoroso ordine cronologico, ma fortemente incardinati nei passaggi cruciali della sua vita. Ogni capitolo, ogni risvolto di vita, viene introdotto da Orlandini partendo dall’attualità in cui scrive, nell’anno 1969 in cui pone mano all’ultima versione della sua memoria. Poi velocemente il nastro si avvolge fino a riportare il lettore ad un altro punto saliente del racconto. Come quella volta che combattendo in Spagna, nonostante i dissapori con i comunisti, l’amicizia e il sorriso di un grande uomo restituiscono un senso ai sacrifici compiuti in nome della giustizia, e della libertà: In poche ore rioccupammo varie alture ai fianchi ed andammo anche oltre le posizioni perdute. Alla notte mi accorsi che comandavo tutto un settore presidiato da oltre duemila uomini; mi accorsi che il gruppo italiano si era trasformato in un piccolo stato maggiore; mi accorsi che avevo alle mie dipendenze dei reparti dell’esercito regolare spagnolo, con relativi ufficiali e numerose centurie di volontari spagnoli con i relativi capicenturia. La notizia della strepitosa vittoria del 5° scaglione era intanto arrivata anche alla colonna italiana, distante da lì una trentina chilometri. Venne Carlo Rosselli a stringermi cordialmente la mano e mi disse, sorridendo: “Bravo Colonnello!”. Il buono e caldo sorriso di Carlo Rosselli, sulle montagne di Aragona, fu una delle poche grandi soddisfazioni avute durante tutta la guerra di Spagna.

2021
Marcello Rodinò di Miglione

Giornale di bordo

Trentaquattro anni di vita (1906-1940) ricostruiti nel dettaglio, grazie a una predisposizione innata verso la scrittura di sé che ha portato Marcello Rodinò di Miglione a disseminare agende di appunti e fatti, ancor prima di concepire sistematicamente la scrittura di un diario. Una pratica che Marcello avvia in un momento delicato della storia italiana, poco più di un mese dopo l’ingresso nella Seconda guerra mondiale. Da quel giorno e per i successivi 48 anni (1940-1988) non rinuncerà più a raccontare in prima persona la sua traiettoria personale e quella della sua famiglia, di antica nobiltà napoletana, legata in modo profondo alle vicende del Paese. Il padre Giulio, eminente figura di uomo politico, è tra i fondatori con Don Sturzo del Partito Popolare Italiano. Tra le molteplici pagine che raccontano le intersezioni tra la famiglia e la storia, spicca nelle memorie di Marcello il ricordo dell’incontro tra il padre e il Maresciallo Badoglio, un mese dopo l’insurrezione di Napoli. Di grande interesse anche la cronaca del giorno della Liberazione di Napoli dall’occupazione dei tedeschi, che Marcello racconta in presa diretta grazie alle informazioni che raccoglie e a quello che riesce a vedere con i propri occhi. Nel dopoguerra Marcello è destinato a ricoprire incarichi manageriali di primaria importanza. Già dalla metà degli anni ‘30, favorito da una doppia laura conseguita in ingegneria e in giurisprudenza, aveva mosso i primi passi nell’attività lavorativa alla Società Meridionale di Elettricità, distinguendosi per capacità e rigore. È l’inizio di una carriera brillantissima che lo porterà nel 1956, e fino al 1964, a ricoprire l’incarico di Amministratore Delegato della Rai proprio negli anni della nascita, e della consacrazione, del mezzo televisivo. Dopo l’esperienza al vertice dell’emittente pubblica, sarà ancora alla guida di realtà di primo piano dell’industria pubblica e privata italiana e non solo: dall’Unione europea di radiodiffusione a Telespazio, fino all’Assonime

2020
Alberto Fausto Marinetti

Açailandia

È il 1982 quando Fausto Marinetti raggiunge Açailandia, nel nordest del Brasile. Sacerdote cappuccino dal 1968, in Italia ha conosciuto la miseria degli ultimi e vissuto per anni a Nomadelfia, la comunità cattolica fondata da Don Zeno, insediata nelle campagne di Grosseto dal 1953 e ispirata ai valori della fraternità evangelica e della responsabilità condivisa. L’esperienza a “Nfia” resterà centrale nella vita di Fausto, anche quando si trasferirà in Sud America, a contatto con la dilagante miseria e lo sfruttamento della popolazione locale. Da Açailandia, dallo stato del Maranhão e dalle numerose altre località brasiliane che visita, scrive centinaia di lettere a Sante Saragoni, amico e membro della comunità grossetana. Dalla prima all’ultima, le missive sono dominate dalla progressiva scoperta della “vera” missione da compiere tra i “veri” mali del mondo, dei limiti della Chiesa e della stessa esperienza di Nomadelfia. Açailandia, 4.10.82 Caro Sante; le sorprese non finiscono mai. E la peggiore è la mentalità del missionario. Se non fosse per il popolo me ne sarei già andato. Se non si predica con l’esempio, a che servono le chiacchiere? Abbiamo al nostro servizio due serve. In casa loro non c’è acqua né luce né gabinetto. Noi abbiamo frigorifero, televisione, libri, conto in banca. C’è chi mangia carne una volta alla settimana e noi tutti i giorni. Devo dire due parole in chiesa. Ed io sto male, perché fino a quando staremo troppo bene non avremo il diritto di dire una sola parola.

2019
Franco Bermond

In dialogo con la morte

Lirismo e morte. Le lettere spedite dall’artigliere Franco Bermond dall’Altipiano di Asiago a casa, dall’agosto al dicembre 1917, prima di morire colpito da schegge di granata, sono sublimi nello stile ed esemplari nei contenuti. Distillato di epica e orrore della Prima guerra mondiale, Franco non manca mai di esprimere l’amore per i suoi cari, che cerca sempre di rassicurare sulle sue condizioni.
Il sommo tema e indicibile, Franco lo indaga e risponde illuminante. La morte? Una preoccupazione o una pallottola che tutti ritengono colpisca solo i vicini, e che poi, quando ci si è formato con orgoglio la convinzione della invulnerabilità, colpisce anche l’uno dei tutti. Ad ogni modo la si prende di fronte; e non fa paura. Molti pregustano con spasimo la sensazione della morte; ciò crea il dolore voluto dall’uomo, perché, se la morte dà un’impressione la dà certo troppo tardi. E poi, la nostra condizione soggettiva le muta sovente aspetto. Ora, per esempio, sono ilare e la sfiderei serenamente; qualche volta, col ricordo che rimpiange nel cuore e l’infelicità nell’anima s’invoca; in un momento di debolezza la si teme; e nei lunghi periodi di saggezza la si attende senza meraviglia.
Due ore dopo aver scritto questa lettera, Franco è stato colpito a morte.

2018
Gherardo Giorni

Fiat voluntas tua

Un ragazzo sensibile e pieno di passioni, capace di alternare la leggerezza di vivere di un adolescente, attratto dalle amicizie e dall’attività sportiva, con la profondità d’animo e la spiritualità di un uomo maturo. La vocazione religiosa, l’attivismo nell’Azione Cattolica, il volontariato con i bambini, l’amore sterminato per lo studio e la conoscenza. Quando comincia a scrivere il suo diario, a 15 anni, Gherardo Giorni racconta la quotidianità di un giovane normale e speciale allo stesso tempo. Nasce a Pistrino di Citerna, in provincia di Perugia, da una famiglia di coltivatori, frequenta il Liceo scientifico a Sansepolcro in provincia di Arezzo e si sposta a Siena per gli studi universitari. È iscritto a medicina, trascorre le giornate sui libri e dedica ogni energia all’apprendimento. Fin quando, appena ventenne, un grave incidente non mette a repentaglio tutti i suoi progetti. 14-1-52 Molte cose sono passate dall’ultimo giorno che ho scritto il mio diario. Sono 33 giorni che sono ricoverato all’ospedale Civile di Siena. Dormo nel lettino della sala dell’Operati, lettino N 302. Ferita all’occhio sinistro da un piumino. Fiat voluntas tua. Perderà, senza mai riuscire a riacquistarla, la vista da un occhio e dovrà sottoporsi a lunghi cicli di cure e ricoveri per scongiurare la cecità. Un’esistenza imperniata sull’abitudine di leggere e scrivere per molte ore al giorno viene sconvolta improvvisamente. Il percorso universitario rallenta, le preoccupazioni per i costi che la famiglia deve sostenere per mantenerlo al collegio si fanno pressanti, ma Gherardo riesce a resistere. Con forza d’animo e facendo sempre leva sulla fede, che vacilla nei momenti difficili ma resta un punto di riferimento, trova un nuovo equilibrio che gli consente di non compromettere la salute, continuare gli studi fino a conseguire la laurea, trovare l’amore e costruire una famiglia.

2017 ex aequo
Edgardo Eventi, Emilio Eventi e Pia Raymondi

Effetto 8 settembre

L’armistizio dell’8 settembre 1943, gli effetti sulla vita delle famiglie italiane. Una storia emblematica raccontata attraverso un epistolario scritto a sei mani. Quelle di Emilio Eventi, civile che per timore dei rastrellamenti si consegna ai tedeschi a Boscotrecase, Napoli, e viene deportato in Germania ai lavori forzati. Quelle della moglie Pia e del padre di Emilio, Edgardo, residente a Genova. Pia, perse le tracce del marito, scrive lettere pur sapendo che non arriveranno mai al destinatario. Sfoga così il dolore per le piccole difficoltà e le immense tragedie che deve affrontare da sola. Come la perdita di un figlio appena partorito. 28.11.1943 Emilio mio. Scriverò un’altra pagina nera in questo quaderno e voglia Iddio sia l’ultima. Il bambino mentre stava tanto bellino ha fatto un cambiamento improvviso. Doveva avere un difetto al cuore perché in alcuni punti del corpo era un po’ blu. Ieri sera zitto zitto è andato via da quest’odiosa terra. Col passare del tempo Emilio riesce ad attivare sporadiche comunicazioni con il padre, che fa da tramite con Pia e da filtro sulle precarie condizioni di vita e di salute del marito. I due riusciranno a riunirsi solo nell’agosto del 1945.

2017 ex aequo
Olga Mefalopulos

La giovane prigioniera greca

Una pagina di storia nascosta, di violenza non acuta ma profonda, di privazione della libertà, della normalità. Delle radici. È quella che racconta nei suoi diari Olga Mefalopulos, una ragazza di 16 anni nel 1942, nata a Tripoli in Libia in una famiglia di origine greca. La Libia, colonia italiana che nel 1942 è terreno di conquista delle truppe Alleate in azione nel Nord Africa. La Grecia, che nel 1942 è sotto l’occupazione italiana. Due fattori che determinano la scelta del regime fascista di internare, in Italia, i civili greci residenti sul suolo libico. In 120 vengono destinati al più grande campo di concentramento costruito nella Penisola, quello di Ferramonti di Tarsia in provincia di Cosenza. La reclusione provoca sofferenze, ma Olga riesce a costruirsi una quotidianità apparentemente normale, fatta di amicizie e amori, di giochi e vita familiare. Altrettanto avviene nelle successive località dove viene trasferita con la famiglia, sempre sotto sorveglianza, a Chieti e Guardiagrele in Abruzzo. Fino alla svolta dell’8 settembre 1943, che Olga accoglie con tripudio. Son state dettate le clausole che determinano l’armistizio: Liberazione dei prigionieri e degli internati! Siamo liberi! Non più controllati, non più comandati, non più ostacolati ma liberi, liberi, liberi! Come per tutta l’Italia, la vera libertà arriverà molto tempo dopo, non prima di aver vissuto i bombardamenti alleati, e lo sfollamento verso le montagne abruzzesi.

2016 ex aequo
Luigi Tramontano

Libro antico

Libro antico e diario di famiglia quello che Luigi Tramontano, nato a Pagani in provincia di Salerno nel 1793 e deceduto nel 1868, inizia a integrare e redigere nel1820. Tradizione radicata tra i ceti benestanti dell’epoca per annotare nascite, morti, matrimoni, compravendite e acquisizioni di beni del casato. E si scopre che in una famiglia del ‘700, come quella da cui proviene Luigi, su nove figli di cui sei femmine, è celebrato un solo matrimonio, per preservare il patrimonio. Marito e padre, ricopre importanti ruoli pubblici, diventando anche sindaco del proprio paese. Malattie e gravi lutti – è orfano di madre e perde prematuramente alcuni dei suoi figli – funestano la sua esistenza fin dagli anni dell’infanzia.

2016 ex aequo
Ugo Sernini Cucciatti

Al timone della Vespucci

Ugo Sernini Cucciatti nasce nel 1869 a Cortona, in provincia di Arezzo, da famiglia nobile. Nel 1889 presta servizio militare nella Regia Marina, timoniere sulla nave scuola Amerigo Vespucci, antenata dell’attuale. E parte per un viaggio indimenticabile. Dopo aver toccato la Grecia e l’Egitto, fa rotta verso il Sud America. Brasile, Uruguay, Argentina, Terra del Fuoco e, dopo aver varcato lo Stretto di Magellano, Cile e Perù. Scruta, osserva e commenta nelle lettere che scrive alla madre. Fa scoperte sorprendenti. Repubblica Argentina. 

2015 ex aequo
Alessandro Bufacchi e Agnese Catena

“Mia adoratissima Agnese”

È l’intensa storia d’amore tra Agnese e Alessandro. Dopo anni di fidanzamento segnati dal rispetto e dal desiderio di congiungersi in matrimonio, la gestione comune di un’attività commerciale unisce ancora di più due ragazzi nati e cresciuti nella provincia di Rieti, sul finire dell’Ottocento. Lo scoppio della Prima guerra mondiale costringe Alessandro a partire per il fronte, mentre Agnese deve gestire da sola il negozio e accudire la famiglia, resa più numerosa dalla nascita di due figli. Le lettere si trasformano nell’unico strumento per alimentare il rapporto. Tra i consigli su come superare la crisi economica, la preoccupazione per la salute dei propri cari e il costante pensiero alla casa come spazio fisico e focolare domestico, Alessandro non smette mai di coltivare la prospettiva del ritorno. Una speranza resa dolce dall’intima certezza di ritrovare affetti ancor più forti, irrobustiti dalle prove superate, dal dolore per la lontananza e dalle privazioni che si sopportano tanto al fronte, quanto al fronte interno. Ogni sentimento passa attraverso la scrittura, attraverso il solo mezzo che consente ad Agnese e Alessandro di continuare a dirigersi verso un obiettivo comune: speriamo di essere uniti tra poco e per sempre.

2015 ex aequo
Gino Mancini

“Inviandovi questi pochi righi”

“Inviandovi questi pochi righi…”. Con questa formula, e con altre simili, si aprono alcune decine di lettere spedite dal caporal maggiore Gino Mancini alla moglie, e alla famiglia, durante la Seconda guerra mondiale. Fino al luglio del 1942 Gino, nato a Vinci in provincia di Firenze, scrive principalmente da Cormons, in Friuli, dove è di stanza in caserma in attesa di una chiamata per il fronte. Fanno tenerezza alcune riflessioni che in questo periodo condivide con i propri cari, che hanno al centro la chiamata alle armi, posta sul piatto della bilancia con il bene più prezioso della vita, la salute. Mancini passa le visite mediche. E parte per la Russia. Ci anno mandato quà, anche noi quando c’è il bisogno di soddisfare al nostro compito assegnato bisogna combattere. Combattere e morire, perché Gino non tornerà mai a casa. Dal 12 gennaio 1943 risulta disperso sul fronte russo.

2014
Giancarlo Iliprandi

Il giornale di tutti

Dalle riflessioni sull’amicizia e sull’amore al dramma dell’8 settembre 1943 e della scelta più difficile da prendere. È l’evoluzione che caratterizza il diario di Giancarlo Iliprandi, liceale milanese che nel 1942 comincia a riempire di considerazioni personali un album da disegno scolastico, arricchendolo di vignette e di disegni che contribuiscono a rendere unica la testimonianza nella forma come nei contenuti. Quelle pagine diventano il luogo dove trasferire le suggestioni sulla vita scolastica, dove “scarabocchiare” i sentimenti che fioriscono per le ragazze. Un documento figurativo che racchiude il significato di un romanzo di formazione. Il contesto storico, pur rilevante negli anni in cui l’Italia partecipa alla Seconda guerra mondiale, è totalmente assente da queste riflessioni fin quando l’armistizio non irrompe tragicamente anche nella vita di Giancarlo. Appena maggiorenne, è posto di fronte al bivio tra l’arruolamento nell’esercito della Repubblica di Salò e la diserzione. Giancarlo vive un periodo di grandi paure e di molta incoscienza. Poi i primi contatti con altri clandestini, in seguito con quelli della Resistenza, quella vera

2013 ex aequo
Albina Biondi e Diletto Manzini

Cara Uranina

Poche ma intense lettere, in tutto 24, raccontano una storia grande come la distanza che c’è tra l’Italia e il Brasile: Diletto, agronomo, rimane vedovo nel 1889 e subito dopo essersi risposato decide di emigrare verso il Sud America con la seconda moglie, Albina. La prima destinazione è Esteves, alla quale farà seguito Vista Alegre: l’obiettivo è sempre quello di andare in cerca di fortuna mentre la speranza è riuscire a ricongiungere la famiglia con l’arrivo della figlia Urania, nata dal primo matrimonio, rimasta in Toscana a Figline Valdarno e affidata temporaneamente al nonno materno. Le lettere raccontano
la nascita di questo progetto destinato a svanire, nonostante Diletto ce la metta tutta: colpisce infatti la testimonianza di un uomo laborioso e pieno di risorse, ben accolto e stimato dalla comunità locale ma che, pur alternando successi e fallimenti professionali, morirà prematuramente proprio a causa del duro lavoro.

2013 ex aequo
Giuseppe da Prato

Ai tempi dell’Ancien Régime

Giuseppe da Prato nasce a Verona, nel 1757, in una famiglia nobile. All’età di undici anni, come vuole la tradizione, viene impiegato come paggio presso la corte di Giuseppe d’Assia-Darmstadt, vescovo di Augusta, salvo passare, alla morte di questi, presso la corte di Clemente Venceslao di Sassonia, vescovo ed elettore di Treviri, che lo invierà al seminario di Dillingen per completare la sua educazione. Impossibilitato a intraprendere la carriera militare in quanto unico figlio maschio della famiglia, chiederà e otterrà dal vescovo “l’emancipazione”. Il ritorno in Italia nel 1776 sarà però doloroso, soprattutto perché segna il definitivo allontanamento da Giosepha, figlia di un barone di Augusta,
un amore tanto grande quanto impossibile da raggiungere.

2012 ex aequo
Anonimo

Quando a Bruxelles l’Ue era un miraggio

Chissà cosa avrebbe pensato l’anonimo giovane autore di questo diario se gli avessero detto che la Bruxelles in cui viveva sarebbe diventata un giorno il cuore pulsante dell’Europa unita. Di certo tra il 1 agosto e il 18 settembre del 1914, nei giorni in cui riempie la pagine del proprio taccuino, quel tipo di prospettiva non doveva apparire neppure un miraggio: dalla capitale del Belgio in cui è emigrato con il padre per motivi di lavoro articola con cadenza quotidiana il racconto dell’escalation bellica della Prima guerra mondiale, l’occupazione tedesca e la reazione della popolazione locale rimasta sgomenta di fronte all’aggressione subita. L’orecchio è teso verso le notizie che giungono dall’Italia, verso la probabile entrata in guerra, ma le informazioni che riesce a raccogliere risultano discordanti e non lo aiutano a risolvere i dubbi sul da farsi. Tornare a casa per ricongiungersi alla famiglia o restare in Belgio sperando di evitare l’arruolamento? Nell’incertezza riesce comunque a farsi riformare alla visita della leva militare presso il Consolato, anche se l’ultima annotazione con cui si chiude il diario riporta la decisione di tentare il rimpatrio.

2012 ex aequo
Teresa Stappo

Quando è nata l’Italia, io c’ero

Uno spaccato della vita aristocratica ottocentesca: quasi settant’anni di ricordi articolati in un diario-memoria che Teresa, borghese di nascita, elabora scandendo gli eventi della sua vita che si sono succeduti tra il 1826 e il 1891: dall’esperienza di educanda in collegio fino alla morte del marito, quando lo scritto evolve in un testamento spirituale rivolto ai cinque figli e ai nipoti. L’ingresso nell’aristocrazia veronese è conseguenza del matrimonio con il conte Federico Giuliari: da quell’evento in poi le cronache di vita familiare troveranno ampio spazio nei resoconti di Teresa. Sullo sfondo delle stesse pagine si stagliano però anche i racconti delle vicende che hanno segnato l’Unità d’Italia, che vedranno l’autrice inizialmente fedele agli Asburgo e poi, soprattutto per le imprese del figlio primogenito garibaldino, schierata patriotticamente a sostegno dei Savoia. Il pubblico e il privato si intrecciano mentre spiccano i racconti di eventi storici straordinari, quali le visite degli imperatori austriaci, la seconda guerra d’Indipendenza, la morte di Cavour e successivamente di Vittorio Emanuele II.

2011
Carlo Foglia

Anche morire non mi rincresce

Un anno di guerra vissuto e raccontato da un giovane contadino piemontese, ultimo di sei figli, costretto ad abbandonare, nella primavera del 1917, l’amata famiglia. Carlo, inviato sul fronte in Veneto, in Trentino e in Friuli, si vede obbligato a partecipare a una guerra della quale non comprende il significato, la cui portata tragica è per lui inimmaginabile. Si sente inadeguato, fuori posto, ha paura, è costretto, suo malgrado, ad accettare il grado di Caporale di Fanteria.
Affronta la dura vita di trincea, vede morire intorno a sé i compagni colpiti dal fuoco austriaco, è sbandato nei drammatici giorni della rotta di Caporetto, quando passivamente segue la massa ormai senza controllo. Grazie a un’inattesa licenza premio, può andare a casa per dieci giorni e riabbracciare la famiglia; il ritorno al reggimento, pur nella sua durezza, è quasi un naturale evolversi degli eventi: pazienza ora sono stato in licenza, anche morire non mi rincresce.

2010
Maurizio Pincherle

Il cuore taccia

Il 2 settembre del 1938, Maurizio Pincherle, ordinario di Clinica pediatrica all’Università di Bologna, inizia ad annotare in un diario gli avvenimenti della sua famiglia. Il figlio Leo, una delle menti migliori della Fisica del tempo, viene sospeso dall’insegnamento e di lì a poco lui stesso è espulso dall’Albo dei medici e costretto a lasciare la cattedra a seguito dell’entrata in vigore della legislazione antisemita per “la difesa della razza”. Alla privazione di qualsiasi diritto civile, fa eco la minaccia di rappresaglie e la paura di essere deportati o trucidati. Nel settembre del ’43, la famiglia Pincherle abbandona Bologna, inizia un periodo di fuga scandito dalla ricerca affannosa di rifugi che diventano sempre più precari, dal pericolo di girare con documenti falsi, dal timore delle spiate, dalla necessità di procurarsi adeguati mezzi di sostentamento, mentre il figlio Mario si unisce ai partigiani sui monti del Sassoferrato. Nell’agosto ’45 il rientro a Bologna, ma dovrà attendere altri quattro mesi per essere riammesso alla professione medica, con un ruolo marginale in quella che era stata la sua clinica, privato dei suoi assistenti e della sua scuola.

2009
Anita Borgazzi Assirelli e Ugo Redanò

Il soffio ardente della passione

Aperto dalle lettere che le inviano i genitori, l’epistolario tra Anita e Ugo testimonia quarant’anni di un legame affettivo che non conosce incertezze. Lui, docente di filosofia alla Sapienza di Roma e bibliotecario della Camera dei Deputati, è spesso lontano per conferenze e convegni; lei, di salute più fragile, non lo segue fisicamente ma intreccia con il coniuge una insolita quanto intensa liason epistolare: “Mio Ugo, sono finalmente con la tua lunghissima che ha portato nel mio romitaggio il soffio ardente della passione”. In un susseguirsi di impegni lavorativi, di interesse per i figli, la moglie e gli amici, lui intraprende un originale tour attraverso l’Italia e l’Europa. Le lettere delineano lo spaccato di vita di una famiglia che, fino all’inizio degli anni Sessanta, è l’espressione forte di sentimenti non scalfiti dal tempo.

2008
Sisto Cherchi

Gentile amica

Quasi un diario epistolare rivolto all’amica Ombretta. A Pieve Santo Stefano, dove lei vive, giungono lettere da varie parti del mondo che rendicontano l’impegno internazionale a favore delle popolazioni vittime di conflitto e poi in Vietnam per la ricostruzione di villaggi. In una lunga lettera dal Sudan, scritta nel 1988, Sisto è inviato da un’organizzazione per gli aiuti internazionali e studia i sistemi per far giungere i soccorsi alle popolazioni duramente colpite dalla guerra, mettendo a repentaglio la propria vita, finendo in carcere e rischiando la pena di morte. Dopo molti anni, colpito da una grave malattia che gli rende impossibile viaggiare, si dedica alla lettura, alla meditazione e alla coltivazione dei tanti ricordi, fra i quali emerge il racconto di come è riuscito a recuperare l’altipiano di My Son in Vietnam, ricco di templi buddisti quasi dimenticati, ora riconosciuto dall’Unesco come patrimonio dell’umanità.

2007 ex aequo
Sabatino Basso

Partimmo come tante pecore sbalordite

Il diario incompiuto del viaggio nell’America del Sud all’inizio del Novecento di un commerciante di tessuti napoletano. Insieme con alcuni parenti e connazionali emigra in cerca di fortuna, con l’intento di vendere vestiti fatti arrivare dall’Italia. Attraverso l’Argentina, il Cile, il Perù e l’Ecuador con muli, cavalli, treno e nave, osservando la gente del posto e le sue antiche usanze tradizionali.

2007 ex aequo
Pietro Ernesto Galli

Appunti di viaggio

Un marinaio toscano scrive a casa da bordo di una nave che naviga sostando in India e in Sud Africa. Visita alcune città e ne descrive i luoghi, le persone, gli usi così diversi da quelli europei.
Quando la corrispondenza finisce è già iniziata la prima guerra mondiale e lui commenta le alleanze dell’Italia.

2006 ex aequo
Carlo Luigi Saggiani

Witta e avventure della mia Militare Disciplina

Il breve ricordo della vita militare di un vice-caporale del 25° Battaglione della divisione Cacciatori in servizio presso l’esercito asburgico, che partecipa a numerose azioni al confine con la Turchia e in difesa dagli assalti dei soldati montenegrini. Come premio per il suo coraggio, per alcuni mesi è addetto al servizio di guardia dello stesso Imperatore Francesco Giuseppe. La testimonianza si interrompe alla vigilia di un’importante battaglia.

2006 ex aequo
Augusto Albertini ed Egle

Carissimo Augusto Mio!

In nove lettere, l’intensa quanto breve e sfortunata storia d’amore, tra un medico marchigiano ed una giovane nobildonna romagnola: la diversa condizione sociale, lo sparlare paesano, qualche incertezza di lui nel decidersi al matrimonio, concludono un rapporto che l’uomo non dimenticherà tanto da dare il nome dell’amata alla sua prima figlia.

2005 ex aequo
Laura Badini e Gustavo Colonnetti

Carissimi figlioli belli

Il professor Gustavo, precendemente rifugiato in Svizzera con la famiglia, insieme ad altri 9 intellettuali del Nord, tra cui il futuro presidente Einaudi, nel 1944 viene richiesto dal governo Bonomi a Roma per collaborare alla ricostruzione politica, sociale e culturale dell’Italia. Sarà nominato presidente del ricostituito Cnr. Nella capitale lo segue la moglie, mentre restano in Svizzera i cinque figli della coppia, la maggiore dei quali, Elena, è la corrispondente epistolare dei genitori. Uno spaccato sui momenti cruciali della ricostruzione del nostro Paese, sospeso tra la precarietà di una liberazione non ancora completata, ma già animato dal fervore lavorativo di personalità illustri, quali i due autori dell’epistolario.

2005 ex aequo
Cecilia De Stefani e Guglielmo Squarcialupi

Storia della famiglia attraverso le lettere

 

Oltre vent’anni di corrispondenza intercorsa tra un ufficiale di sussistenza, sua moglie e i loro tre figli, e la famiglia di lei, residente nella provincia di Udine. I numerosi traslochi dall’Istria – ancora italiana – alle colonie libiche, da Firenze, a Venezia, e poi l’organizzazione della casa, l’educazione dei figli, le vicende belliche, le belle novità ma anche i lutti famigliari; nulla turba la solida intimità di un nucleo famigliare medio-borghese.

2004
Gino Ambrosetti

Giornale familiare

 

Il giornale-cronaca di un sedicenne della borghesia intellettuale romana che tiene un diario in terza persona annotando con ironia fatti sulla scuola, sui suoi numerosi interessi culturali e sportivi, ma anche sulla guerra e sul difficile dopoguerra. Ne emerge un affresco della Roma dell’epoca, la frequentazione di teatri e caffè, le nuotate nel Tevere con il fratello, ma anche la cura del terrazzo giardino alla quale il giovane si dedica con quotidiana passione.

2003
Gastone Canziani

A Fiume con D’Annunzio

Ha quindici anni quando parte volontario da Trieste per partecipare con D’Annunzio all’impresa di Fiume. Da lì scrive a casa fiero dei suoi ideali, deluso dal governo italiano, pieno di disapprovazione per chi è rimasto a casa. Ma chiede anche pacchi e libri per continuare a studiare e dare gli esami. Si interessa della famiglia, soprattutto della salute del padre.

2002
Remo Rosati

Le mie avventure

Prima agricoltore nel podere di famiglia, poi emigrante in cerca di fortuna, infine operaio in fabbrica a Prato: tutta una vita di lavoro, nell’autobiografia, in ottava rima, di un toscano che, giunto finalmente in pensione, coltiva la passione per la poesia.

2001
Eugenio Anzilotti

In una lettera del settembre

Eugenio Anzilotti è direttore generale del Ministero del Commercio estero e membro della delegazione italiana che segue i lavori della conferenza per la pace a Parigi, nel 1946, alla fine del secondo conflitto mondiale. Nel suo diario si alternano giornate di tensione dedicate a discussioni politiche, economiche e territoriali, come quelle riguardanti il futuro di Trieste, dell’Alto Adige e della Venezia Giulia, a quelle più distese dedicate alla scoperta delle ricchezze artistiche parigine.

2001
Giovanni Cataldi

U’ signur maghestr

Assegnato come supplente nelle sedi più disagiate dell’entroterra cosentino, un giovane maestro trova di fronte aule come stalle, prive di qualunque strumento didattico. Un’esperienza che lo formerà come uomo e come insegnante.

1999
Achille Salvatore Fontana

Cara sorella

Una fitta corrispondenza giornaliera racconta quattro anni di guerra che un soldato semplice è costretto a vivere fra continui spostamenti da una batteria all’altra. Dal Carso a Caserta (dove vivono i “beduini”…), finalmente “imboscato”, alterna notizie di guerra a richieste di giornali, informazioni su parenti e racconti di numerosi incontri, sempre preoccupato per la censura e per gli affari di famiglia.

1998
Maria Isabella Vigo

Tanti anni insieme

Una “madre e casalinga” friulana, laureata in lettere, rievoca tutte le tappe della propria esperienza di coppia: l’incontro nel 1920 con il fidanzato che torna ferito dalla prima guerra mondiale, il matrimonio che viene scandito dalla nascita di undici figli, la brillante carriera di lui nella magistratura, gli spostamenti per lavoro, i lutti famigliari fino a quello del 1970, che la separa per sempre dal suo compagno.

1997
Andrea Bertelli

Carissima mamma, io mi ero preparato di scriverti

Una serie di lettere alla madre che ci fanno ricordare, grazie a una famiglia di Pistoia, come centocinquanta anni fa si combatteva per una causa che era quella – come scrive Bertelli – delle “forze combinate di tutti i popoli italiani”.

1996
Eloisa Pressi

25 Aprile 1906

Tre mesi nella vita di una neolaureata in archeologia destinata a Catania come bibliotecaria. Una personalità curiosa annusa la società siciliana in un viaggio di lavoro che segna l’emancipazione sofferta ma necessaria dalla propria famiglia.

1995
Isa Bartalini

I fatti veri

Dalle campagne toscane alla Turchia, una grande storia famigliare illuminata dalla figura del padre Ezio Bartalini, fervente pacifista, che sceglie l’esilio volontario in giro per l’Europa per fuggire le persecuzioni fasciste.

1994
Ruth Wotruba

Quando, nei primi giorni di marzo

Figlia di madre ebrea e di padre ariano, quando i nazisti si annettono l’Austria, nel 1938, si trasferisce con i parenti in Italia, dove diventa infermiera. Racconta di molta solidarietà, ma anche di dispiaceri famigliari e di sue profonde amarezze affrontate con coraggio. Costretta alla clandestinità, dopo l’8 settembre 1943, si salva rifugiandosi a Torre Pellice e, dopo la guerra, emigra in Palestina.

1993
Vincenzo Farina e Jone Leporini

Carissimo Vincenzo mio

Vincenzo Farina parte volontario per il fronte nel 1916: pochi giorni dopo, comincia un fitto epistolario con la fidanzata Jone Leporini. Sono 468 pagine decifrate e trascritte con pazienza, che raccontano due punti di vista diversi e complementari sull’evento Grande Guerra. Vincenzo è un patriota preso dalle vicende belliche, intenzionato ad avere un ruolo negli eventi e anche a progredire nella carriera di ufficiale. Jone è una ragazza pratica e pragmatica, che pensa al presente e a pianificare la vita nella tranquilla città di provincia in cui vive, invitando il fidanzato a non fare l’eroe in battaglia e a pensare a preservare la propria salute

1992
Dante Crescioli

I ricordi di Un Emigrante Pievano

Dante Crescioli, emigrato in Argentina, ripercorre a ritroso il filo della vita e torna alla sua infanzia, dove ritrova – nel ricordo – la sua Pieve intatta.
Una ricostruzione vivida del paese: l’architettura, gli abitanti, le usanze, le feste popolari.
Con la memoria Dante ripercorre ogni strada, rivede ogni volto. Se li ritrova davanti agli occhi in tutta la loro luminosità, come se Pieve non fosse mai stata distrutta, non nel suo cuore. 

1991 ex aequo
Omero Gennaioli

10 giugno 1940 – 25 aprile 1945

La vita di un ragazzo in tempo di guerra in un piccolo paese della Toscana. Il padre è al fronte e lui deve andare presto a lavorare in cambio di cibo, ma non tralascia giochi e “veglie” dai vicini. In primo piano la guerra con i suoi orrori che terminano con la distruzione del paese minato dai tedeschi in fuga.

1991 ex aequo
Adorno Mastacchi

La dura vita della mia giovinezza

La vita dura della giovinezza e poi quella ancora più dura di guerra in Jugoslavia e di guerriglia nella divisione Garibaldi, raccontata da un pensionato.