“Firenze 20 gennaio 1898
Carissima Anitina
Ecco che la tua mammina assieme al tuo caro babbo ti inviamo questa letterina per darti nostre notizie, per ripeterti che ti vogliamo sempre bene e che mai un momento ti dimentichiamo. Sii buona mia cara, sii obbediente, e rispettosa verso la buona sig.ra Italia, e verso tutti, e alla nostra venuta resterai contenta, sia per le carezze che mamma e babbo ti faranno, sia per qualche piccolo ricordo che ti porteremo. Anita nostra mi raccomando di essere buona e gentile verso i tuoi fratellini, cerca di fare di tutto perché essi pure siano buoni e obbedienti verso la buona e cara famiglia Caraceni. Siamo arrivati a Firenze sabato sera, non ti descrivo la gioia provata dalla nonna Emilia al rivederci, piangeva dalla consolazione, è rimasta dispiacente nel non poter rivedere la sua Anita, m’incarica di farti tanti saluti e mandarti tanti baci. […]”
Aperto dalle lettere che le inviano i genitori, l’epistolario tra Anita e Ugo testimonia quarant’anni di un legame affettivo che non conosce incertezze. Lui, docente di filosofia alla Sapienza di Roma e bibliotecario della Camera dei Deputati, è spesso lontano per conferenze e convegni; lei, di salute più fragile, non lo segue fisicamente ma intreccia con il coniuge una insolita quanto intensa liason epistolare: “Mio Ugo, sono finalmente con la tua lunghissima che ha portato nel mio romitaggio il soffio ardente della passione”. In un susseguirsi di impegni lavorativi, di interesse per i figli, la moglie e gli amici, lui intraprende un originale tour attraverso l’Italia e l’Europa. Le lettere delineano lo spaccato di vita di una famiglia che, fino all’inizio degli anni Sessanta, è l’espressione forte di sentimenti non scalfiti dal tempo.