In fuga dagli intensi bombardamenti anglo-americani su Napoli e dopo sei cambi di dimora, nel luglio del 1943 una famiglia cerca rifugio nei monti d’Abruzzo. Ma il luogo scelto, il piccolo paesino di Scontrone nei pressi di Alfedena, sarà oggetto di un tragico bombardamento. La sera dell’8 ottobre 1943, in un violento attacco che sembra rivolto a vicini ponti ferroviari ma che riversa tutte le bombe solo sul paese, vengono uccise più di quaranta persone. Fra queste, dieci membri della famiglia di Bianca, compresi i suoi cinque nipotini. Con l’angoscia nel cuore prosegue la sua fuga con il marito e i due figli piccoli, in salita verso le montagne, accampandosi in alloggi di fortuna e grotte, con pochi mezzi ma una grande capacità di adattamento e la determinazione di portare tutti in salvo.
Ci incamminiamo verso l’alto del paese: sono tutte scale da salire. La bambina pesa: inciampo nella vestaglia troppo lunga e la coperta, dove è avvolta, mi scivola di continuo. L’aria è infuocata ed abbiamo le labbra riarse. Il rumore intorno a noi è infernale, gli aeroplani scendono in picchiata per lanciare le bombe, gli scoppi sono vicinissimi, fiammate si accendono da ogni lato. Mi fermo esausta sotto l’arco di una porta e non ho la forza di proseguire, bombe continuano a cadere, tremo: non ce la faccio più. Raffaele con il bambino mi trascina correndo; nel punto dove eravamo poco fa, è caduta una bomba.
Bianca Levi Zagari
Fummo costretti a cercare scampo ancora più in alto, sui monti. Vivevamo nelle grotte. Mio padre aveva perso il fratello amato, una sorella e cinque nipoti. Il viso, ricoperto dalla barba ispida, prese la forma di un dolore immobile. Pianse per giorni ma fece tutto quello che doveva per mettere insieme i resti delle persone amate. Disperata, mia madre tentava di confortarlo come poteva. Temeva per lui, per noi bambini.
Lucio Levi Zagari