Ettore Finzi e Adelina Foà

Parole trasparenti

epistolario/diario 1938-1945
Bologna, Il Mulino, 2013
Anno del Premio: 2011

Nel 1939, Ettore e Adele, appena sposati, partono dall’Italia per raggiungere la Palestina e sfuggire alle
persecuzioni razziali. Dopo cinque anni, Ettore va a lavorare come chimico industriale ad Abadan in Persia, alle dipendenze della Anglo Iranian Oil Company, lasciando la moglie a Tel Aviv con due fi gli piccolissimi. Inizia così un fi tto epistolario in cui Adelina, rimasta sola a crescere i figli – Hanna e Daniel – , lo rende partecipe di ogni momento della vita familiare. Caparbia e tenace, nonostante le diffi coltà, i suoi titoli di studio e la professione di avvocato esercitata in precedenza presso un prestigioso legale di Milano, la giovane donna si adatta ai lavori più umili pur di partecipare economicamente al mantenimento della famiglia. Nelle lettere, frequenti e intense, i due coniugi condividono le ansie per i parenti rimasti in Italia esposti ai pericoli della guerra e della deportazione, le diffi coltà quotidiane, le gioie.

MOTIVAZIONE DELLA GIURIA NAZIONALE:
Il Premio Pieve Saverio Tutino 2011 è stato assegnato a Ettore Finzi e Adele Foà per Conoscersi in trasparenza (epistolario 1938-1945):
La Giuria nazionale del Premio 2011 ha deciso, dopo un’ampia discussione sugli otto testi finalisti, tutti di particolare interesse e di ottimo livello, di assegnare il premio all’epistolario/diario intitolato Conoscersi in trasparenza, un lungo, quasi quotidiano scambio di lettere dal 1938 al 1945 fra due coniugi ebrei italiani, Adele Foà, milanese, ed Ettore Finzi, triestino, emigrati in Palestina per sottrarsi agli effetti delle leggi razziali. Dopo qualche mese di vita in comune a Tel Aviv insieme ai due piccoli figli – una femmina e un maschio – il marito, scontento del lavoro trovato in quella città, viene assunto con un contratto biennale come ingegnere chimico dalla compagnia petrolifera anglopersiana Aioc e si trasferisce ad Abadan, mentre la moglie, che si rivela donna molto coraggiosa e piena di risorse, resta a Tel Aviv con i due bambini. Si scrivono in continuazione, offrendo uno sguardo finora poco conosciuto sulla realtà dell’emigrazione ebraica dall’Europa in un luogo come la Palestina allora sotto il mandato britannico, e dove era ancora lontana la nascita di uno Stato ebraico indipendente.
La lettura di queste lettere, secondo il giudizio della Giuria, suscita un crescente interesse per il continuo dialogo fra sentimenti, diversità di opinioni, speranze, progetti per il futuro, fra i quali domina il desiderio di tornare in Italia una volta finita la guerra, ma sempre sotto l’incubo del mistero sulla sorte dei rispettivi famigliari rimasti in patria.