Finalisti

Tito Zampa

Fuga da Kos

memoria 1940-1946
nato a Marzocca di Senigallia (Ancona) nel 1919

Viaggi, guerre, amori, malattie, naufragi, prigionie e molto altro. Nella memoria in cui Tito Zampa ricorda le sue vicissitudini durante la Seconda guerra mondiale si condensano più colpi di scena che in un romanzo di avventura. L’epicentro della storia è l’isola greca di Kos, poco distante dalla costa della Turchia divenuta colona italiana a partire dal 1912. È lì che il soldato Zampa viene trasferito al seguito del decimo reggimento fanteria Regina nel febbraio del 1940. L’ingresso dell’Italia nel conflitto è nell’aria e le isole del Dodecaneso sono presidi strategici da rafforzare per controllare il transito nel Mediterraneo. I primi mesi nell’arida isola scorrono via tranquilli: Tito viene impiegato per le sue abilità di falegname e viene esonerato dalle missioni in mare per ordine del suo Capitano, che lo vuole a presidio della sua abitazione e al servizio della sua famiglia. Nelle assolate giornate primaverili ed estive Tito ha anche l’occasione di conoscere una ragazza greca, Katina, di cui si innamora perdutamente e che inizia a corteggiare controllato a vista dai familiari. Ma l’idillio si interrompe: all’inizio del 1942 contrae la malaria e le cure approssimative che riceve gli provocano una grave infezione, che lo riduce in fin di vita. Subisce un numero imprecisato di interventi e quando finalmente recupera le forze viene travolto insieme ai suoi commilitoni dall’onda lunga degli sconvolgimenti politici e militari che avvengono in Italia: la caduta di Mussolini e l’armistizio dell’8 settembre e il ribaltamento dei rapporti con l’ex alleato tedesco, colgono di sorpresa i contingenti disseminati nel Mar Egeo. Prima nella vicina isola di Rodi e poi nella stessa Kos gli italiani hanno la peggio: Mentre mi incamminavo sfinito dalla fame e dalla sete mi accolsero due colpi di mitraglia a pochi centimetri dalla testa, pur non vedendo nessuno mi gettai a terra, ma ogni volta che provavo a rialzarmi gli spari continuavano. A pochi metri c’era anche un vecchio greco che mi fece cenno da dove venivano gli spari allora mi accorsi che non molto lontano da lì vi era una camionetta piena di Tedeschi armati fino ai denti che mi facevano cenno di andare da loro. Allora gettai il fucile e con il fazzoletto alzato mi incamminai verso il mio nuovo destino. Due di loro scesero, mi presero tastandomi tutto e mi fecero salire sulla loro camionetta facendomi così prigioniero. Mentre i tedeschi sterminano per rappresaglia quasi cento ufficiali italiani, Tito viene fatto prigioniero e rinchiuso insieme a migliaia di commilitoni all’interno delle mura del castello di Neratzia, che ha mura a strapiombo sul mare. Da qui è protagonista di una fuga spettacolare, via mare e poi cercando di raggiungere le coste della Turchia con un canotto. Dopo un primo tentativo fallito nella notte del 31 dicembre 1943, quando sfiora l’annegamento, riesce nell’impresa nel marzo 1944. Sfuggito ai tedeschi, per Zampa inizia un altro lungo pellegrinaggio sotto il controllo delle autorità inglesi alle quali viene consegnato: dopo un altro attraversamento del Mediterraneo in tempesta transita dai campi di prigionia di Alessandria d’Egitto, del Cairo, fino in Palestina. Ovunque scrive lettere appassionate a Katina sperando di coronare il suo sogno d’amore, fin quando il padre della ragazza non gli intima di troncare i rapporti. Tito, che ha da poco appreso della prematura scomparsa della madre, il mio angelo custode, si dispera. La sua guerra e le sue sofferenze finiranno solo nel febbraio del 1946: un piroscafo inglese lo riporta a Napoli insieme ad altri 4mila prigionieri italiani. Dopo sei anni e quattro mesi dalla partenza, può tornare finalmente a Marzocca di Senigallia ad abbracciare il resto della sua famiglia.