Una trentenne è colpita da ictus ischemico cerebrale. Solo molte ore dopo il suo arrivo in ospedale riceve una diagnosi corretta e viene sottoposta a un delicato intervento di trombo-aspirazione. Al risveglio scopre progressivamente i danni che ha subito il suo corpo, la paralisi della parte destra, l’impossibilità di comunicare. La dimostrazione d’affetto che riceve dagli amici, dal compagno e dai familiari riaccende la scintilla della vita. Ha inizio una lunga riabilitazione, prima in una struttura – dove con grande impegno torna a camminare e a compiere gesti quotidiani – poi in palestra e persino a casa. La strada del recupero è lunga e piena di difficoltà, nel privato, in ambito lavorativo, nello sfiancante rapporto con la burocrazia e con un sistema sanitario non sempre all’altezza. Con grande forza e senza mai arrendersi nonostante i tanti ostacoli incontrati, cinque anni dopo scrive nella sua memoria di aver “capito che una vita normale non esiste, ma piano piano la mia ha iniziato ad avvicinarsi alla cosa più simile alla vita che ricordavo. Un po’ alla volta si torna a vedere la luce, a ridere e a sognare”. E si prepara a partire per un viaggio in Amazzonia atteso per anni e rimandato proprio a causa della malattia.