“2-10-943
Emilio mio. Perché questo bisogno di scrivere…non lo so. Io spero ancora nel tuo prossimo ritorno, ma se per caso tu dovessi ritardare molto, non so cosa accadrà di me e perciò forse è bene che io metta su carta tutte le mie sofferenze di questi giorni acciocché tu sappia. Ti ho sempre detto che il Signore non ti aveva mai fatto andare in guerra perché sapeva che questo dolore non poteva da me essere sopportato, giacché superiore alle mie forze. Ora è accaduto questo disastro e se non si accomoderà subito, io non so se potrò resistere, malgrado la buona volontà di farmi forza per te e per le nostre creature.[…]”
L’armistizio dell’8 settembre 1943, gli effetti sulla vita delle famiglie italiane. Una storia emblematica raccontata attraverso un epistolario scritto a sei mani. Quelle di Emilio Eventi, civile che per timore dei rastrellamenti si consegna ai tedeschi a Boscotrecase, Napoli, e viene deportato in Germania ai lavori forzati. Quelle della moglie Pia e del padre di Emilio, Edgardo, residente a Genova. Pia, perse le tracce del marito, scrive lettere pur sapendo che non arriveranno mai al destinatario. Sfoga così il dolore per le piccole difficoltà e le immense tragedie che deve affrontare da sola. Come la perdita di un figlio appena partorito. 28.11.1943 Emilio mio. Scriverò un’altra pagina nera in questo quaderno e voglia Iddio sia l’ultima. Il bambino mentre stava tanto bellino ha fatto un cambiamento improvviso. Doveva avere un difetto al cuore perché in alcuni punti del corpo era un po’ blu. Ieri sera zitto zitto è andato via da quest’odiosa terra. Col passare del tempo Emilio riesce ad attivare sporadiche comunicazioni con il padre, che fa da tramite con Pia e da filtro sulle precarie condizioni di vita e di salute del marito. I due riusciranno a riunirsi solo nell’agosto del 1945.